Le rievocazioni storiche sulla Frosinone di cento anni fa (La Città nel 1922) pubblicate nelle scorse settimane sembrano essere state apprezzate dai numerosi lettori. Da molti di essi viene l’invito a trattare altri aspetti della vita cittadina con riferimento, in particolare, agli anni della fine dell’800 e degli inizi del ‘900. Pertanto verrà affrontato, a partire da oggi, un tema purtroppo ancora di estrema attualità, ovvero la diffusione in città di epidemie di vario genere che hanno angustiato i frusinati del passato così come quelli di oggi, da oltre due anni soffrono per il “Covid 19”.

Il nostro territorio è stato investito da tutte le malattie infettive a carattere epidemico diffuse in Italia, e in particolare nella vicina Roma, nel corso dei secoli: a partire da quelle dell’epoca romana e dell’alto medioevo. Particolarmente terribile fu poi la peste del 1300 che sterminò la quasi totalità della popolazione frusinate.

Epidemie di tifo e di colera colpiranno, poi, ripetutamente Frosinone nei secoli successivi fino alla metà del 1800 quando Frosinone era ancora un piccolo centro di nemmeno 10.000 abitanti arroccato sul dorso di un colle con ampia vista sulla Valle del Sacco. Nella seconda metà di quel secolo l’abitato urbano era quasi del tutto racchiuso all’interno dell’antica cinta muraria della “cittadella” medievale, così come era stato più volte ricostruito dopo le numerose devastazioni subite da armate tedesche e spagnole nel corso del XVI secolo e francesi alla fine del ‘700. All’interno di quel ristretto perimetro, sui resti di quelle antiche mura, si innalzavano costruzioni anche di più piani addossate le una alle altre su piazzette e vicoli stretti e tortuosi: quella conformazione solo in parte era dovuta allo scarso spazio a disposizione ma, anche, alle pressanti esigenze di protezioni e di difesa di una città frequentemente assediata e attaccata dalle soldatesche di turno.  

   In quel contesto le drammatiche condizioni igieniche della città soprattutto per la mancanza di acqua corrente erano permanenti ed esponevano i frusinati a ripetuti pericoli per la propria salute. Come era avvenuto, per esempio, nel 1867quando si diffuse, in tutta Italia, il colera che a Frosinone fu favorito dalle acque del Cosa inquinate dagli scarichi delle cartiere di Guarcino e dei numerosi mulini sul fiume a monte di Frosinone. Il problema dell’acqua sembrò essere risolto dalla decisione del papa Pio IX di dotare Frosinone, alla fine del 1869, di una “Macchina” per portare nel centro abitato l’acqua captata da alcune sorgenti in contrada De Matthaeis, nei pressi della Mola Nuova. In realtà i continui blocchi nel funzionamento della “Macchina della Fontana” e la mancata realizzazione di un adeguato sistema di fognature continuarono, per diversi decenni, a mantenere nel centro urbano tutte le condizioni favorevoli al verificarsi di ricorrenti epidemie con alti tassi di mortalità infantile...[segue nella sezione INVITI ALLA LETTURA